venerdì 29 maggio 2009

The love song of J. Alfred Prufrock (parte VIII)

...

And would it have been worth it, after all,
After the cups, the marmalade, the tea,

Among the porcelain, among some talk of you and me,

Would it have been worth while,
To have bitten off the matter with a smile,
To have squeezed the universe into a ball

To roll it towards some overwhelming question,

To say: "I am Lazarus, come from the dead,

Come back to tell you all,
I shall tell you all"--

If one, settling a pillow by her head

Should say: "That is not what I meant at all;

That is not it, at all."


And would it have been worth it, after all,
Would it have been worth while,
After the sunsets and the dooryards and the sprinkled streets,
After the novels, after the teacups, after the skirts that trail along the floor--
And this, and so much more?--
It is impossible to say just what I mean!
But as if a magic lantern threw the nerves in patterns on a screen:
Would it have been worth while
If one, settling a pillow or throwing off a shawl,
And turning toward the window, should say:
"That is not it at all,

That is not what I meant, at all."


. . . . . . . . . . .


E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Dopo le tazze, la marmellata e il tè,

E fra la porcellana e qualche chiacchiera

Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena

D'affrontare il problema sorridendo,

Di comprimere tutto l'universo in una palla
E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,

Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -

Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,

Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.

Non è questo, per niente. »

E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,

Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose? -
E' impossibile dire ciò che intendo!

Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
Ne sarebbe valsa la pena
Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle,

E volgendosi verso la finestra, dicesse:
« Non è per niente questo,
Non è per niente questo che volevo dire. »

. . . . . . . . . . .



Com’è possibile, dopo tutto questo, credere che l'Arte non faccia parte, non sia strettamente legata con la Vita? Non so voi, ma io i sentimenti espressi in questi versi li sperimento quasi tutti i giorni…

È impossibile dire ciò che intendo!

Cosa impedisce alle persone di comunicare tra loro? Com’è possibile, se è vero che, fondamentalmente, gli esseri umani sono simili tra loro, che il cervello umano è strutturato nella stessa maniera in tutti noi? Non me lo sto inventando. Lo dicono gli studiosi di psicologia e di antropologia. Siamo simili, in ogni paese e ad ogni latitudine, eppure non riusciamo a comunicare con chi ci sta accanto.

Lo sto sperimentando in questi giorni: di stare accanto a qualcuno e non riuscire ad affrontare il problema sorridendo… di non riuscire a porla, questa domanda che opprime.
Prufrock si chiede quale senso abbia avuto la sua vita, ed è una domanda che spesso faccio a me stessa. E quando arrivo a pormi questa domanda, allora so che è arrivato il momento di forzare gli eventi fino al punto della crisi, anche se quasi sempre questo significa che la persona accanto a me se la darà a gambe.

I pensieri e i sentimenti, quando sono espressi senza filtri, hanno una forza d’urto difficile da sopportare, come l’acqua che esce all’improvviso da una diga aperta. È una forza sottovalutata dalla maggior parte della gente, per la maggior parte del tempo, compressa, nascosta, svilita… finché un bel giorno il tappo salta, e allora te ne accorgi…

Ma era di questo che volevo parlare?

Non so… forse no. Non è per niente questo che volevo dire.

...

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